“Un Cabernet grazie!”; “Un bicchiere di Merlot per favore!”; “Per me due Chardonnay ed un Sauvignon!”.
Pressoché in ogni parte dello stivale, entrando in un bar qualunque, sostanzialmente sono queste le ordinazioni che si sentono fare più frequentemente.
Tutti vitigni internazionali, ovviamente con origini diverse, ormai coltivati in ogni parte del mondo.
I vitigni autoctoni, con le dovute eccezioni (Prosecco, Nebbiolo, Barbera ad esempio), vengono invece oggi sempre più dimenticati, lasciati ai pochi intenditori che hanno voglia di scoprirli.
In realtà, a dispetto di altri paesi europei od extraeuropei, l’Italia è ricca di vitigni autoctoni, più o meno conosciuti.
Pensiamo al Friuli Venezia Giulia ad esempio, con i suoi Ribolla Gialla, Friulano, Schioppettino; oppure al Trentino Alto Adige con i vari Schiava, Teroldego e Lagrein; oppure, ancora, allo stesso Veneto con i suoi Garganega, Vespaiola, Corvina, Rondinella.
Al centro poi abbiamo l’Umbria con il suo splendido Sagrantino, le Marche con il Verdicchio, l’Abruzzo con la Cococciola, il Molise con la Tintillia…
Al Sud stessa cosa: in Calabria il Gaglioppo, in Puglia il Primitivo, il Negroamaro e l’Uva di Troia, in Sicilia il Nero d’Avola, il Carricante, il Cataratto, il Grillo, il Frappato, il Nerello Mascalese.
E questi sono solo alcuni, perché in Italia di vitigni autoctoni registrati ufficialmente ce ne sono oltre 350.
Insomma i vitigni autoctoni in Italia sono davvero tanti e penso meriterebbero di essere maggiormente valorizzati e riscoperti.
L’Azienda Agricola Spinetta ha il merito di seguire questa filosofia, e con il suo Burson Max va a riscoprire un antico vitigno, ormai quasi a rischio estinzione, denominato Uva Longanesi.
Questo vitigno è originario della zona di Bagnacavallo, in Romagna, dove è stata rinvenuta la pianta madre nel podere della famiglia Longanesi (soprannominata appunto "Bursòn”).
L’Uva Longanesi è stata riconosciuta ufficialmente come varietà nel 2000, espandendosi poi con rapidità nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Bologna.
Il Burson Max generalmente è un vino di grande struttura e buona morbidezza e nelle annate migliori riesce a raggiungere ottimi livelli anche dal punto di vista della persistenza gusto-olfattiva.
L’affinamento è di 18 mesi in barriques di rovere francese e 6 mesi in bottiglia.
Purtroppo l’annata degustata (2007) non sembra essere all’altezza di quanto descritto poco sopra, risultando essere piuttosto “corto” e ruvido, con tannini troppo accentuati nonostante la temperatura di servizio fosse al di sopra di quella ottimale.
Che dire, come si diceva un tempo, rimandato a Settembre. E visto che a settembre ci siamo già, se ne riparlerà l’anno prossimo.
Azienda Agricola Spinetta
Via Pozzo n. 26 – Santa Lucia
48018 FAENZA (RA)
www.spinetta .it
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